L’INTERVISTA. MATTEO ZURLO ALLA TREVIGIANI ENERGIAPURA MARCHIOL: “CONTINUERÒ AD ATTACARE COME HO SEMPRE FATTO”

By 2 Gennaio 20232023

Alla fine del 2021 Matteo Zurlo si era ritrovato ancora tra gli Under 23 con la Zalf e sinceramente non se ne capacitava. Aveva vinto quattro gare, tutte in solitaria: Rancilio, Briga, Casentino e soprattutto una tappa al Giro del Friuli. E anche due classifiche: quella generale del Giro del Veneto e quella degli scalatori al Friuli. A 23 anni abbondanti era finalmente pronto per il professionismo, peccato che nessuno l’abbia mai cercato con insistenza: soltanto qualche chiacchiera, come se a volte i team manager volessero tutelarsi dal senso di colpa (come a dire: l’interesse c’era, però…). Quest’ anno ha trovato una nuova squadra e corre per l’Uc Trevigiani Energiapura Marchiol. Si racconta nell’intervista rilasciata al sito internet “quibicisport.it”

«Quest’anno, invece – racconta Zurlo – le cose sono andate diversamente. Certo, non aver trovato un contratto mi dispiace, ma la mia stagione non può essere paragonata a quella precedente. Ho avuto due gravi incidenti tra gennaio e marzo che mi hanno impedito di trovare un buon colpo di pedale fino all’estate. Entrambi stradali: nel primo mi sono rotto due vertebre, nel secondo lo scafoide e due costole. Uno dei periodi più bui della mia vita».

Hai mai pensato di smettere?
«No, non sono arrivato a questo punto, ma il dolore che sentivo mi tirava scemo. Non sapevo cosa pensare. Oltre al fastidio fisico, c’era l’incertezza: sarei mai tornato quello di prima? A volte temevo di no. Insomma, quest’anno ho avuto riprova di quanto sono forte psicologicamente: ho reagito a due grosse mazzate che avrebbero steso parecchi».

A luglio la prima delle due vittorie stagionali: l’assolo al Giro delle Due Province.
«Un primo segnale importante, anche se per me la svolta è arrivata al Friuli. Nel 2021 avevo vinto una tappa e la classifica degli scalatori, quest’anno ho chiuso terzo nella seconda frazione e quarto nella generale. Un risultato così prestigioso in una prova internazionale mi ha dato le sicurezze di cui avevo bisogno. Allora non sono da buttare, ho pensato».

La tua stagione è finita bene: sesto alla Varignana, primo a Conegliano, terzo al Del Rosso e decimo nella Serenissima Gravel.
«Complessivamente sono soddisfatto. Devo esserlo, se penso a com’ero ridotto tra gennaio e marzo, quando quasi quasi mi sentivo un ex corridore. Non dico che sia stata una stagione clamorosa, non mi fraintendete, ma dignitosa sì. Ho soltanto un rimpianto».

Quale?
«Il modo in cui ho gestito i chilometri finali del Giro del Veneto. Ero entrato nella fuga della mattina, poi quando siamo stati ripresi non mi sono accontentato di rimanere nel gruppo. No, ho voluto rilanciare l’azione in solitaria. Ho sprecato troppe energie, quelle che mi sono mancato sul più bello. E così ho chiuso 46°, subito dietro Hirschi. Se fossi stato più lucido, sarei potuto entrare tra i primi dieci».

Sei uno degli attaccanti più famosi e temuti della categoria. Credi che il tuo piglio ti sia costato qualche vittoria?
«Certo, su questo non ho dubbi. Però è la mia indole, cosa posso farci? Mi piace provarci, è più forte di me. Mi esalto nella fatica e nelle giornate più impegnative, adoro l’idea di vincere dopo l’ennesimo tentativo solitario. A mia discolpa, tuttavia, devo dire che non mi muovo a caso: tutti i successi che ho conquistato nella categoria (nove, escludendo la classifica degli scalatori del Giro del Friuli e quella generale del Veneto) sono arrivati al termine di stoccate solitarie. Vuol dire che l’aria la so fiutare, insomma».

Però nessuno ti ha ancora voluto con sé tra i professionisti. Perché?
«Me lo chiedo anche io, seppur il meno possibile altrimenti m’intristisco. Potevo aspettarmi uno scarso interesse per quest’anno visti i tanti problemi fisici che ho avuto all’inizio, ma ancora non mi capacito della passata stagione. Avevo vinto, mi ero piazzato, ero stato costante: cosa dovevo fare di più? Una bella fetta di ciclismo, ormai, crede che ogni corridore possa affermarsi già a vent’anni: se non ci riesce, evidentemente c’è qualcosa che non va».

E allora cosa fa un atleta come te? Come si mantiene motivato senza lasciarsi prendere dalla rabbia che cova?
«Tiro avanti in silenzio, facendo sacrifici e sperando che ogni volta sia quella buona. Purtroppo, nonostante sia diventato un mondo estremamente tecnologico e specializzato, nel ciclismo odierno si continuano a commettere gli errori di sempre: si guardano troppo gli ordini d’arrivo, ci si lascia incantare dai risultati che tanti giovanissimi raccolgono soltanto perché si allenano più dei coetanei. E poi ci vuole fortuna, una verità che troppo spesso non siamo disposti ad accettare».

Cosa intendi per fortuna?
«Tutto quello che vi può venire in mente: mettersi in mostra nella corsa giusta, sperare che quel giorno siano presenti certi team manager, azzeccare l’azione che può portare in dote un piazzamento di spicco. Darsi da fare è fondamentale, direi che è la base, ma non è tutto: come nella vita, anche nel ciclismo conta la fortuna».

E tu, almeno da un punto di vista fisico, non ne hai avuta molta.
«I primi due anni tra gli Under 23 li ho vissuti combattendo con un problema al cuore, che mi ha tenuto fermo non poco. Nel 2019 ho iniziato a vincere e a piazzarmi, poi tra il 2020 e il 2021 ho dovuto fare i conti con alcuni tamponi positivi che hanno contribuito a rallentare il mio percorso di crescita. Quest’anno, come ho già spiegato, due brutti incidenti stradali proprio a ridosso delle prime gare della stagione. Credo sia lecito avere qualche rimpianto, no?».

Se tornassi indietro prenderesti delle decisioni differenti?
«No, nessuna. Ho fatto parte di squadre forti, non mi è mai mancato nulla. Non ho preso delle scelte infelici, o perlomeno non mi pare».

Però dal 2023 correrai nella Trevigiani Energiapura Marchiol  e non più nella Zalf. Perché?
«Si diceva che non avrebbero più accettato gli elite nell’organico e quindi ho cominciato a guardarmi intorno. Posso soltanto ringraziarli, mi sono trovato bene come in una seconda famiglia, ma avevo bisogno di stimoli nuovi. Alla Trevigiani Energiapura Marchiol avrò più responsabilità, magari è quello di cui ho bisogno per il definitivo salto di qualità. E poi penso al calendario».

Perché? La Zalf è una continental. Spiegati meglio.
«E’ vero, è una continental, ma in linea di massima non abbiamo mai corso più di tanto all’estero o coi professionisti. E poi, se devo basarmi sull’esperienza fatta, andare all’attacco nelle gare dei grandi non mi è servito a niente: mi sono messo in mostra e ho centrato in più di un’occasione la fuga di giornata, eppure nessuno mi ha offerto un contratto. Meglio concentrarsi su un calendario diverso. Proviamo a battere anche questa strada e vediamo dove mi porterà».

Una gara che vorresti vincere nel 2023.
«Il Giro del Veneto, che ho già conquistato nel 2021, e la Astico-Brenta, che arriva a cinque chilometri da casa mia. Se fossi più arrogante ti avrei risposto tutte, anche se il piglio con cui mi presento al via è proprio quello: mai pensare d’essere battuti in partenza. Mi ha portato bene più di una volta».

(di Davide Bernardini – quibicisport.it)

In foto Matteo Zurlo