LUTTO NEL GIORNALISMO: E’ MORTO EUGENIO SCALFARI. AVEVA 98 ANNI

By 14 Luglio 20222022

Il mondo del giornalismo e della cultura sono in lutto: è morto Eugenio Scalfari, co-fondatore de L’Espresso e fondatore di Repubblica. Aveva 98 anni. Sempre temuto e nel contempo rispettato per la sua autorevolezza, è stato uno dei più grandi editorialisti italiani, oltre che acuto e pungente scrittore. Deputato per il Partito socialista italiano dal 1968 al 1972, partecipò nel 1955 all’atto di fondazione del Partito Radicale. È stato insignito di prestigiose onorificenze, tra cui quella del «cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana» nel 1996 e, nel 1999, quello di «Chevalier de la Légion d’honneur», uno dei più importanti riconoscimenti della Repubblica francese. Nel 1988 ha vinto – fra l’altro – il Premio Internazionale di Trento «Una vita dedicata al giornalismo», poi il Premio Ischia alla carriera, nel 1998 il Premio Guidarello al giornalismo d’autore, e nel 2003 il Premio Saint-Vincent. È cittadino onorario di Velletri, dove risiedeva.

Nato a Civitavecchia (Roma) il 6 aprile del 1924 da genitori calabresi, laureato in Giurisprudenza, nel 1950 iniziò la carriera giornalistica come collaboratore de Il Mondo di Pannunzio. Nel 1955 fondò con Arrigo Benedetti il primo settimanale italiano d’inchiesta L’Espresso e ne tenne la direzione dal 1963 al 1968. Nel 1976 diede vita al quotidiano Repubblica, dirigendolo fino al 1996 per restarne poi un attento e puntuale editorialista. Ha attraversato e scritto delle grandi recenti crisi della politica italiana, mantenendo sempre la sua visione laica.

Tra politica e giornalismo

La sua carriera parlamentare durò solo una legislatura. Iniziò in quegli anni il gelo con Bettino Craxi che poi sfocerà nelle dichiarate reciproche ostilità su Repubblica negli anni ’80 (e dell’84 il suo libro «L’anno di Craxi» con il polemico sottotitolo «o di Berlinguer?»).
Repubblica è la seconda grande impresa di Scalfari, una sfida per creare un giornale d’elite e di massa che dirige e controlla in tutto e per tutto. Un successo non scontato scontato: dopo un anno di attività vende 70 mila copie, rischia la chiusura, ma negli anni ’80 comincia un’escalation che porta il giornale formato tabloid a vender più di 500 mila copie. E nell’86 arriva al sorpasso in edicola sul Corriere della Sera.

L’addio a «Repubblica»

Negli anni ’90 Scalfari comincia a «lasciare» i vertici di Repubblica: dopo essere uscito dal consiglio di amministrazione e annunciato varie volte l’intenzione di lasciarne la guida, arriva l’addio alla direzione del quoridiano, che nel frattempo ha cambiato veste grafica: «’Vi lascio il rosmarino per i ricordi, le viole per i pensieri», dice salutando il 3 maggio del 1996, congedandosi dopo «’20 anni, 3 mesi e 2 giorni» tra le lacrime e gli applausi dei suoi redattori, primo fra tutti del suo «braccio destro» Gianni Rocca che lo seguirà nella decisione di lasciare il giornale.

Scalfari – che lascia il posto a Ezio Mauro, ma resta editorialista del quotidiano – vuole ora sperimentare cosa può fare come individuo senza più ruoli di sorta «anche perché – dice salutando i colleghi di Piazza Indipendenza – per chi ha diretto questo giornale qualsiasi altro ruolo è marginale». Negli ultimi anni si è dedicato soprattutto alla scrittura.

I suoi libri e quel confronto con Papa Francesco

Scalfari non ha mai temuto di confrontarsi con i numi tutelari della filosofia moderna. Da Pascal a Montaigne, da Voltaire a Kant, da Nietzsche a Hegel (in «Incontro con io») affronta i temi cari all’Illuminismo (in «Alla ricerca della morale perduta»). Nel suo primo romanzo «Il labirinto», uscito nel ’98, erano il rapporto tra sentimenti e ragione, il ruolo che il pensiero esercita nella quotidiana esistenza dell’uomo e il contrasto tra aspirazioni profonde e realtà i temi al centro della sua riflessione, sviluppata poi ancora in «L’uomo che credeva in Dio», «Per l’alto mare aperto», «Scuote l’anima mia Eros», «La passione dell’etica», «L’amore, la sfida, il destino».

A un suo intervento su fede e laicità risponde papa Francesco, con una lettera a Repubblica che fa il giro del mondo e stimola il dialogo tra i credenti. Suscita anche gli interventi di teologi, filosofi, intellettuali.

Foto di Eugenio Scalfari