MATTEO BASEGGIO: «HO CAPITO CHE PER VINCERE DEVO RISCHIARE DI PIÙ. ROCCHETTI? FELICE CHE VENGA ALLA TREVIGIANI»

By 23 Ottobre 20232023

Correndo per il puro piacere di andare in bicicletta, Matteo Baseggio non si dà particolari scadenze nonostante il 18 giugno abbia compiuto 25 anni. Ha studiato meccanica, se la sua carriera dovesse interrompersi saprebbe cosa andare a fare.

«Per me pedalare è sempre stato un divertimento – riflette Baseggio – Allenarmi non mi è mai pesato, alle gare ci sono andato volentieri fin da quando ho cominciato. Non voglio pormi limiti perché sarei un ipocrita. Quando arrivai tra i dilettanti dissi a me stesso che mai e poi mai mi sarei spinto fino agli elite, e invece guarda dove sono. Altri due anni nella categoria potrei starci, non escludo di rimanerci finché posso».

Quello che è certo è che non passerai professionista.

«No, rimarrò ancora alla Trevigiani. Come ogni elite, a lungo ho sperato di ricevere una chiamata dalla massima categoria, ma purtroppo quel momento non è arrivato. Purtroppo la tendenza è questa e non ho davvero voglia di ritornare sull’argomento. Non posso far altro che dare il massimo e augurarmi di ricevere una chance dalla massima categoria».

Non vivi male questa situazione di limbo.

«Io credo che gli elite, specialmente in Italia, meriterebbero una maggior considerazione, ma più che impegnarmi e vincere qualche gara cosa posso fare? Ci sono corridori che rendono più di me e non trovano spazio, quindi ad un certo punto mi metterò l’anima in pace».

Quest’anno hai centrato tre vittorie: Città di Pontedera, prima tappa del Giro del Friuli e il Gran Premio d’Autunno.

«Sicuramente quella al Giro del Friuli è stata la più prestigiosa. Ecco, se devo essere sincero dopo quel successo mi aspettavo una chiamata, quantomeno un pizzico d’interesse. Si trattava di una gara internazionale, pensavo d’aver smosso qualcosa. Niente, purtroppo. Comunque non demordo, continuerò ad interpretare il ciclismo con leggerezza e passione nella speranza di attirare l’attenzione di qualcuno».

Se ti venisse data una chance, come la sfrutteresti?

«Mi metterei a disposizione della squadra, farei quello che mi viene chiesto. Non ho mai avuto problemi a sacrificarmi tra i dilettanti, figurati se mi comporterei da egoista tra i professionisti. Tirerei, andrei in fuga, porterei le borracce: qualsiasi cosa, insomma».

A proposito di fughe, nel corso della stagione ti sei messo in evidenza più del solito.

«E’ vero. Per anni sono stato un conservatore, centellinavo le energie aspettando il finale per provare a fare la differenza con un colpo secco. Ma non era quella la mentalità giusta, non si può ambire al professionismo e poi correre per piazzarsi. Finalmente me ne sono reso conto e adesso rischio di più. Se osano due fuoriclasse come Van der Poel e Pogacar, perché non dovrei farlo io?».

Questo modo d’interpretare le corse ti è costato qualche vittoria?

«Può darsi, in un anno gli errori e i rimpianti vengono fuori. A volte si spreca troppo, a volte si aspetta invano. Mi viene in mente Sannazzaro, forse il più recente: mi sentivo benissimo, ero sicuro di vincere, ho lanciato una volata lunghissima e alla fine Manenti mi ha battuto. Il ciclismo è così, non perdona. Ad esempio, al Giro del Friuli volevo mantenere la leadership il più a lungo possibile dopo la vittoria nella prima tappa, invece nella seconda si è formata una fuga particolarissima e la gara è andata a farsi benedire. Bisogna accettare l’imprevisto e l’errore, anche se spero sempre che a sbagliare siano gli altri».

L’anno prossimo Filippo Rocchetti sarà uno dei direttori sportivi della Trevigiani. Cosa ti aspetti da lui?

«Ci conosciamo bene e sono contento che entri a far parte della nostra realtà. Sarà una bella sfida anche per lui. In ammiraglia avevamo già Lorenzetto, ex professionista, ma Filippo è ancora più vicino a noi come età e questo può significare molto. In più, tra i dilettanti ha vinto molto, quindi ha sicuramente qualcosa da insegnare specialmente ai più giovani. Io credo che possa portare anche delle idee nuove, se non ho capito male viene via dalla Zalf proprio per sperimentare e provare a metterle in pratica. Sarà bello lavorare insieme».

Mai pensato di tentare il tutto per tutto tornando a far parte di una continental dopo l’esperienza alla General Store?

«No, perché la Trevigiani è una realtà altrettanto valida e il nostro calendario non è molto differente da quello di una continental italiana, tranne qualche rarissima eccezione. Tra i professionisti, in passato, ci ho già corso: sono andato in fuga per mettermi in mostra e non mi ha cercato nessuno comunque. E rimanendo in una formazione di club come la Trevigiani posso partecipare alle gare regionali: non saranno quelle a farmi passare professionista, ma almeno mi diverto a correrle e mi aiutano a trovare il colpo di pedale giusto».

Cosa ti auguri per il 2024?

«Di centrare qualche vittoria internazionale e di vivere un’altra stagione costante e prolifica come quest’ultima. Non ho mai avuto un intoppo, mi sono sempre sentito brillante e convinto dei miei mezzi. E se dal professionismo non dovesse arrivare nessuna offerta, vorrà dire che andrò a lavorare come tutte le persone normali. Anzi, non escludo nemmeno di salire in ammiraglia e provare a fare il direttore sportivo».

Testo di Davide Bernardini pubblicato dal sito internet “Bicisport”